L’Italia, nonostante sia conosciuta in tutto il mondo per la salubrità della sua dieta mediterranea, è in realtà tra i Paesi Europei con i dati più preoccupanti sul fronte del peso eccessivo dei bambini. Con 1 bambino obeso o sovrappeso su 3, infatti, l’Italia è seconda per la diffusione dell’obesità infantile.
In Italia i bambini in sovrappeso sono il 20,9% e i bambini obesi sono il 9,8%, compresi i bambini severamente obesi che da soli sono il 2,2 %, secondo gli ultimi dati di “Okkio alla salute”, il sistema di sorveglianza promosso dal Ministero della Salute. L’8% dei bambini non fa la prima colazione, il 33% ne fa una inadeguata e il 36% consuma ogni giorno bevande zuccherate e gassate. Ai chili di troppo si aggiunge la sedentarietà: i dati indicano che il 18% pratica sport per non più di un’ora la settimana, il 42% ha la TV nella propria camera, il 35% guarda la TV e/o gioca con i videogame più di 2 ore al giorno e solo 1 bambino su 4 si reca a scuola a piedi o in bicicletta.
In Lombardia un ragazzo su 5 è obeso o sovrappeso, pari al 18,6% tra i giovani dai 6 ai 17 anni.
L’obesità rappresenta un importante fattore di rischio di malattie croniche e, se presente in età pediatrica, si associa ad una più precoce insorgenza di patologie tipiche dell’età adulta come ipertensione, cardiopatie, diabete di tipo 2.
L’obesità in età pediatrica inoltre è spesso legata ad episodi di bullismo, che oggi si manifesta sempre più precocemente: il peso e l’aspetto fisico sono il primo motivo per essere bullizzati.
Non da ultimo l’obesità in età infantile è predittore certo dell’obesità in età adulta.
La dieta da sola non basta!
Nonostante si presti sempre più attenzione all’alimentazione e alle tante mode alimentari che circolano, soprattutto in rete, i dati ci dimostrano come in realtà non siamo ancora in grado di avvicinarci ad una corretta alimentazione. Infatti se per perdere peso bastasse seguire uno schema dietetico, non avremmo un fallimento delle diete pari al 95%, con un recupero dei chili persi o con l’abbandono del percorso dietetico alle prime difficoltà. La dieta rappresenta sempre l’inizio di un cambiamento nello stile di vita, legato alla variazione del tipo di alimentazione che siamo abituati a seguire che, a sua volta, è stato influenzato negli anni da numerosi fattori sociali, culturali, familiari ed emotivi.
Il cibo e le emozioni
Una delle principali cause del sovrappeso e quindi di un comportamento alimentare disfunzionale, è da ricercare spesso nella cattiva gestione delle emozioni. Tendiamo spesso ad utilizzare il cibo come valvola di sfogo ai nostri problemi quotidiani, come “comfort food”, e per questo motivo difficilmente si riesce a portare a termine una dieta.
Accompagnare la dieta con un percorso psicologico
Quando in caso di sovrappeso, obesità o altre problematiche mediche, si riscontrano difficoltà nell’attenersi ad un modello dietetico idoneo, può essere molto utile seguire un percorso psicologico. La cosa più importante, infatti, è che chi vuole perdere peso sia consapevole del proprio rapporto con il cibo ed è per questo che per dimagrire è necessario lavorare sui dettagli.
Ciò che ci permette di controllare il peso corporeo e di ridurlo, è la piena consapevolezza di come e quanto mangiamo, di quanto ci muoviamo, della fase di vita in cui ci troviamo e delle conseguenze delle nostre azioni.
Lo stile di alimentazione familiare: i genitori come esempio
E’ importante che mangiare diventi un piacevole rituale in cui ci si prende cura di sé, piuttosto che un momento di stress. A questo proposito, soprattutto nel lavoro con bambini e adolescenti sovrappeso/obesi, i genitori hanno il compito di trasmettere ai propri figli abitudini alimentari equilibrate, dando loro l’esempio: per i bambini è infatti importante mangiare con i genitori, quello che mangiano i genitori, in un clima sereno e di conviviali, seduti insieme a tavola. Non sempre questo succede, anzi a volte il pasto può diventare un momento critico e la tavola un campo di battaglia.
Il pasto come un’esperienza familiare positiva
Alcuni accorgimenti possono aiutare a superare queste difficoltà, facendo diventare il pasto un’esperienza positiva e, allo stesso tempo trasmettere ai bambini abitudini alimentari sane. In questo caso lo psicologo può intervenire individuando il rapporto tra stile educativo genitoriale e la gestione del cibo e, comprendendo quale significato viene attribuito al cibo da parte della famiglia, orientare i genitori e guidarli nel rinforzare e motivare i bambini a condotte alimentari salutari oltre che fornire loro supporto nella gestione emotiva della situazione.