Il momento in cui viene posta una diagnosi di Disturbo Specifico dell’Apprendimento costituisce spesso per le famiglie e per i bambini un punto di svolta: la diagnosi serve infatti a condividere una chiave di lettura che aiuta tutti gli attori coinvolti (il bambino, i genitori e gli insegnanti) a comprendere meglio la natura delle difficoltà sperimentate fino a quel momento e permette di evitare attribuzioni scorrette, la più comune delle quali riguarda la mancanza di impegno.
Alla diagnosi seguono una serie di nuove domande rispetto a come aiutare il bambino a vivere più serenamente possibile il percorso scolastico, permettendo l’emergere delle sue potenzialità.
Il percorso specialistico non si conclude quindi con la diagnosi, ma continua attraverso percorsi personalizzati che, oltre all’età e al livello di gravità del disturbo, tengono conto di diverse variabili, come il vissuto psicologico del bambino e le caratteristiche dell’ambiente familiare e scolastico in cui è inserito.
Qual è l’obiettivo e come raggiungerlo?
L’obiettivo principale dei percorsi di presa in carico è infatti un miglioramento del benessere e del senso di efficacia del bambino e di tutto il sistema di adulti che costituisce il suo contesto quotidiano (la famiglia, gli insegnanti, eventuali tutor compiti).
Per raggiungere questo obiettivo gli ingredienti che entrano a far parte del progetto di presa in carico sono molteplici.
Per quanto riguarda il lavoro con il bambino è importante prevedere:
- la riabilitazione neuropsicologica e/o logopedica delle competenze strumentali della lettura, dell’ortografia e del calcolo. In alcuni casi l’intervento viene svolto da una psicologa o da una logopedista presso lo studio con frequenza settimanale e prevede cicli di 8-10 sedute; in molti casi questo tipo di lavoro può essere gestito anche da remoto: il clinico suggerisce alla famiglia l’acquisto di un software specifico, fornisce indicazioni per il suo utilizzo e prevede monitoraggi periodici per verificare i progressi e ridefinire le modalità di esercizio;
- l’aumento della consapevolezza del problema da parte del bambino stesso, sia a livello cognitivo (conosco i miei punti di forza e di debolezza) sia a livello emotivo (autostima e senso di autoefficacia);
- l’apprendimento di un metodo di studio adatto al proprio profilo cognitivo;
- la capacità di creare strumenti compensativi carta matita personalizzati (costruiti spesso con il supporto dei genitori o di un tutor);
- l’avviamento all’utilizzo di strumenti compensativi tecnologici, quali la sintesi vocale o programmi per la creazione di mappe.
Che ruolo hanno i genitori?
Accanto al lavoro con il bambino, è importante coinvolgere i genitori, dando loro un supporto emotivo, rassicurazioni e indicazioni utili su come aiutare il proprio figlio, soprattutto nei casi in cui sono i genitori stessi ad occuparsi direttamente del supporto compiti al pomeriggio. Se il genitore si sente competente nell’aiutare il proprio figlio la situazione familiare appare spesso molto più distesa.
Perchè pensare ad un tutor?
In alcuni casi può essere utile valutare l’opportunità di introdurre la figura di un tutor esterno alla famiglia per il supporto nello studio a casa: in questi casi l’obiettivo non è solo quello di svolgere i compiti assegnati, ma anche di aiutare il bambino ad acquisire un metodo di lavoro più funzionale. È fondamentale che questa figura sia competente rispetto alle caratteristiche dei DSA, conosca quali strumenti e metodologie risultano più utili e lavori in rete con la famiglia, lo specialista e la scuola.
Gli insegnati
Infine, è sempre importante lavorare in rete con gli insegnanti, tramite la condivisione della diagnosi e del profilo funzionale dello studente e un eventuale supporto nella stesura del Piano Didattico Personalizzato.
Hai domande o dubbi rispetto al percorso che stai facendo con tuo figlio?
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