Disturbi primari linguaggio
Disturbi Primari del Linguaggio
Cosa sono?
Si parla di Disturbi Primari del Linguaggio (DPL) quando un bambino manifesta difficoltà prevalentemente nella sfera linguistica, pur mostrando uno sviluppo fisico, intellettuale e cognitivo nella norma. Si tratta di un disturbo frequente in età prescolare e riguarda il 5-7% dei bambini. Un bambino con Disturbo Primario del Linguaggio può manifestare difficoltà nella produzione linguistica e/o nella comprensione con vari gradi di severità e in diversi aspetti dell’elaborazione del linguaggio (ad es. lessicale, morfosintattico, pragmatico).
Come si manifestano?
I campanelli d’allarme dei Disturbi Primari del Linguaggio a cui è importante prestare attenzione sono:
- lallazione assente o scarsa a 9 mesi;
- utilizzo di gesti (tra i quali -indicare con il dito-) assente o scarso a 12 mesi;
- comprensione del linguaggio debole a 12 mesi;
- vocabolario espressivo inferiore a 50 parole a 2 anni;
- utilizzo di verbi e abbinamento di due parole assente o quasi a 2 anni e mezzo.
- combinazione di tre parole assente o quasi a 3 anni.
In tutti questi casi, è consigliato rivolgersi ad un logopedista o ad un’equipe di professionisti per valutare il profilo comunicativo-linguistico del bambino. Infatti, sebbene talvolta le difficoltà di linguaggio, se causate da un ritardo nello sviluppo di tale abilità, tendano a risolversi nel corso del tempo, in molti altri casi, i deficit di linguaggio possono persistere nella tarda infanzia ed anche nell’adolescenza e nell’età adulta.
Come interveniamo?
L’intervento sui Disturbi Primari del Linguaggio prevede la collaborazione tra il professionista (o i professionisti) che ha in carico il bambino, i genitori, gli educatori e gli insegnanti della scuola. Gli obiettivi terapeutici variano per ogni singolo caso ed in base alle specifiche esigenze e possono riguardare diversi aspetti del linguaggio (ad es. fonetica/fonologia, vocabolario, morfologia e sintassi, pragmatica) e differenti domini (comprensione e/o produzione linguistica).
L’intervento sul linguaggio in questi casi è fondamentale non solo per il raggiungimento di obiettivi a breve termine ma anche per influenzare positivamente lo sviluppo globale del bambino a lungo termine (apprendimento della lingua scritta, integrazione sociale e sviluppo emotivo).
Disprassia Verbale
Cosa è?
La disprassia verbale evolutiva (DVE) è un disordine congenito del controllo motorio che riguarda la programmazione dei movimenti necessari all’emissione di suoni, sillabe e parole e alla loro organizzazione in sequenza al fine di produrre un linguaggio chiaro, in assenza di alterazioni dei muscoli e dell’apparato fono-articolatorio. La DVE può anche presentarsi in forma primaria, senza cause identificabili, oppure in associazione a disturbo dello spettro autistico, sindromi genetiche, disordini evolutivi di origine metabolica, epilessia.
Come si manifesta?
Le manifestazioni cliniche possono variare, le caratteristiche comuni comprendono:
- singoli suoni o combinazioni di suoni prodotti in modo variabile e instabile (es. stesso suono pronunciato in modi diversi in parole diverse oppure la stessa parola detta in modi diversi);
- difficoltà nell’organizzazione di movimenti e produzioni in sequenza, anche di suoni pronunciati correttamente se isolati;
- alterazioni di prosodia, intonazione, ritmo, fluenza dell’eloquio (es. linguaggio rallentato, monotono, con errori di intonazione, di accento…)
I campanelli d’allarme possono essere: poche parole prodotte rispetto ai coetanei, capacità di comprensione maggiore rispetto a quella di produzione, difficoltà di imitazione di suoni e parole, capacità di pronunciare una parola solo una volta o in un contesto e poi non ripeterla in altri momenti, variare l’uso degli stessi suoni nelle parole, gli errori oltre che le consonanti riguardano le vocali, il linguaggio risulta incomprensibile. In età scolare i bambini con DVE possono manifestare anche difficoltà negli apprendimenti scolastici.
Come interveniamo?
Per pianificare un intervento mirato e appropriato è importante innanzitutto effettuare un’accurata valutazione, per individuare le caratteristiche peculiari e distinguere la disprassia verbale da altre difficoltà di linguaggio, in particolare dal disturbo a livello fonologico con il quale condivide alcune manifestazioni. È inoltre necessario approfondire eventuali difficoltà associate, in altre aree del linguaggio, a livello motorio generale e specifico rispetto alle funzioni della bocca.
L’intervento logopedico dovrebbe essere avviato il più precocemente possibile per promuovere lo sviluppo delle competenze linguistiche del bambino e preservare le possibili ricadute sulla comunicazione, in ambito sociale e conseguentemente a livello emotivo e relazionale. Può essere necessario un trattamento intensivo, con sedute frequenti, per favorire l’apprendimento a livello motorio. È altrettanto importante il coinvolgimento della famiglia per favorire il consolidamento delle abilità acquisite e la generalizzazione in molteplici situazioni e in contesti diversi.
Nell’ambito del trattamento logopedico può essere indicato l’utilizzo del PROMPT.
Deglutizione Atipica
Cosa è?
Con il termine DEGLUTIZIONE ATIPICA si intende il permanere di un meccanismo deglutitorio infantile oltre il periodo ritenuto fisiologico ossia dopo i 6-7 anni d’età. In particolare, si rileva una posizione scorretta del corpo linguale sia a riposo che durante la deglutizione.
Molto spesso la deglutizione disfunzionale si associa ad uno squilibrio della muscolatura oro-facciale.
Come si manifesta?
La presenza di una deglutizione scorretta unitamente ad uno squilibrio della muscolatura oro-facciale può essere associata e/o causare:
anomalie di tipo ortodontico (diastemi, overjet, morsi aperti);
respirazione orale (bambini prediligono l’uso della bocca al posto del naso per respirare);
masticazione disfunzionale;
difficoltà articolatorie, chiaramente udibili nella pronuncia, soprattutto per quel che concerne i fonemi sibilanti (es.: /S/)
problemi a livello posturale.
Come interveniamo?
In presenza di una deglutizione disfunzionale e di squilibrio della muscolatura oro-facciale il logopedista proporrà un percorso rieducativo che, nello specifico, prende il nome di terapia miofunzionale. La durata media del percorso è di qualche mese con sedute in un primo momento ravvicinate poi gradualmente dilazionate nel tempo.
Inizialmente l’obiettivo della terapia è l’impostazione di una corretta postura della lingua a riposo e durante la deglutizione, unitamente al rafforzamento del tono della muscolatura oro-facciale implicata nei processi deglutitori. In seduta il logopedista proporrà degli esercizi personalizzati che poi il paziente dovrà ripetere a casa con continuità più volte durante l’arco della giornata.
Dopo la fase di rieducazione, si passa alla fase di mantenimento del meccanismo deglutitorio funzionale. Il paziente deve mantenere nel tempo il movimento corretto appreso nella fase precedente senza tornare ad utilizzare il meccanismo disfunzionale. Il percorso terminerà quando l’individuo sarà in grado di utilizzare gli schemi deglutitori acquisiti in maniera spontanea.
Nel caso in cui siano presenti anomalie a livello ortodontico, il logopedista lavora in sinergia con l’ortodonzista.
Disturbo della Fluenza
Cosa è?
Il Disturbo della Fluenza con esordio nell’infanzia appartiene ai Disturbi del Neurosviluppo e più nello specifico rientra tra i Disturbi della comunicazione (DSM-5).
Appartengono a questa categoria diagnostica la balbuzie (ICD-10 F80.81) e il cluttering (ICD-10 F98.6).
Come si manifesta?
L’eloquio della persona balbuziente può essere caratterizzato dalla frequente ripetizione o prolungamento di suoni o sillabe o parole; dalla presenza di interruzioni di parole (cioè pause all’interno di una parola); blocchi udibili o silenti (cioè pause del discorso colmate o non colmate); circonlocuzioni (sostituzioni di parole per evitare parole problematiche); parole emesse con eccessiva tensione fisica; ripetizione di intere parole monosillabiche (per esempio, «Lo-lo-lo vedo»).
La balbuzie può essere accompagnata da movimenti involontari di alcune parti del corpo (sincinesie), tic facciali o del collo, interiezioni ripetute come «ah … uhm … » o aggiunta di parole stereotipate, come ad esempio: «Appunto … appunto … » oppure «Cioè … cioè … » .
Il Cluttering è definito come un disordine della fluenza nel quale una persona non è più in grado di adeguare la propria velocità di eloquio alla richiesta linguistica o motoria del momento e questo compromette la capacità di trasmettere messaggi in modo chiaro.
Oltre all’eccessiva velocità di eloquio i sintomi associati sono l’eccessivo numero di disfluenze (interruzioni nel normale fluire del parlato senza tensione muscolare); omissioni di sillabe (mangiarsi le parole), revisioni (riformulare e cambiare la frase), accento e ritmo di eloquio anormali, frequente presenza di pause troppo corte oe eccessivamente presenti e poste in modo non adeguato ed alterazione della prosodia.
Come interveniamo?
Il trattamento delle disfluenze si differenzia in base alle caratteristiche del disturbo (balbuzie o cluttering) e può essere diretto o indiretto. La scelta dipende dall’età del bambino.
In età prescolare, generalmente il logopedista tende a proporre un percorso di trattamento indiretto che non coinvolga il bambino in terapia ma che preveda incontri con i genitori per fornire loro tutte le informazioni utili sul linguaggio, sui fattori di rischio che possono consolidare il disturbo e analizzare lo stile comunicativo della famiglia. In alcuni casi, a quest’età, il terapista può proporre una terapia diretta come il Lidcombe Program o il PCI.
In età scolare il trattamento è solitamente diretto. Il logopedista fornisce al paziente delle tecniche e delle strategie utili per poter comunicare in maniera più efficace. Le varie tecniche devono essere proposte senza dare eccessiva importanza al sintomo per non focalizzare ulteriormente l’attenzione su di esso. Il bambino deve riuscire a sperimentare la sensazione di essere un buon parlatore e, solo dopo esserci riuscito, si può porre attenzione al linguaggio.
Nella terapia del bambino i genitori giocano un ruolo importantissimo, e devono essere aiutati a allentare le tensioni, ciò abbrevia i tempi della terapia e rende più stabili i risultati.
Negli adolescenti il disturbo della fluenza può avere una ricaduta importante sulla vita personale e sull’inserimento sociale. La terapia deve offrire quanto prima la possibilità di scoprirsi come buon parlatore.
Anche in questo caso genitori rivestono un ruolo importante nel percorso terapeutico del ragazzo che potrebbe sentire la minaccia di un’alleanza tra gli adulti; è fondamentale, quindi, che i genitori riescano a rispettare e garantire lo spazio del figlio.
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